Swan Lake di M. Bourne: la recensione dello spettacolo

Il balletto Il lago dei cigni è quello che si definisce un classico. L’opera ha in sé tutti i canoni fissi del balletto dell’Ottocento: l’amore contrastato, la lotta tra bene e male, una differenza sostanziale tra i personaggi principali che riguarda lo status sociale o la natura; al centro della vicenda un giovane aitante e una fanciulla eterea e evanescente, che diventa lo stereotipo fisso del balletto del periodo (basti pensare alla Sylphide, a Giselle, a La bella addormentata, a La Bayadere) e che segna la creazione di un vero e proprio stile di danza, incentrato sulla leggerezza e sull’uso delle scarpette da punta, facendo di Petipa il prolifico e rappresentativo coreografo della serie. Al di là però della tipologia di uso e della ripetizione di formule fisse (il topos narrativo, la caratterizzazione dei personaggi, le ambientazioni), si parla di classico quando l’opera di ingegno resiste agli attacchi del tempo mantenendo inalterata la sua bellezza, e quando, di conseguenza, ha la capacità di rinnovarsi. Questo è il lavoro fatto dal coreografo Matthew Bourne con Swan Lake, una rielaborazione moderna del balletto che solcò la scena per la prima volta nel 1877, con scarso successo di pubblico, salvo poi essere – ad oggi – uno dei balletti più rappresentati. Bourne lavora sul classico per fare di Swan Lake un’opera moderna, che possiede la stessa forza del modello, diventando in qualche modo un classico a sua volta. Opera pluripremiata, che domina la scena dal 1995, incentra il suo successo sull’innovazione del “coro” costituito da danzatori uomini, che secondo il coreografo rendono con più forza l’idea della muscolatura dei cigni. Oltre alla perfezione coreografica che emula i movimenti dei volatili e che sottopone i danzatori ad un continuo saut, l’innovazione avviene strutturalmente. Lo spettacolo inizia nel cuore della notte mentre il giovane principe (Phil Jack Gardner) dorme un sonno inquieto dominato dalla visione del Cigno (Jonathan Ollivier); entriamo nella dimensione interiore, direi quasi intimista, dello spettacolo che ritorna più volte sul potere della visione onirica. A dispetto del balletto ottocentesco, il principe (che, nella versione classica, scopre la donna-cigno durante una battuta di caccia, prototipo del maschio cacciatore) è un giovane annoiato e prigioniero delle sue funzioni, costretto a indossare una maschera e obbedire ad una rigida Regina Madre (Nina Goldman). La corte è cadenzata da ritmi ripetitivi, da rituali freddi e da cerimoniali sterili, una dimensione che l’inglese Bourne può aver ricalcato sulla Casa di Windsor. Ma la parodia non tralascia la danza, e lo fa nel suo luogo simbolo: il teatro; in una scena la corte assiste a uno spettacolo di danza (forse la Sylphide con tratti che evocano il Lago dei cigni) con una inequivocabile parodia della danza virtuosa. Sul palchetto d’onore accanto al principe non una dama, ma una la Girlfriend (Maddy Brennan) che infrange ad ogni gesto l’etichetta regale. A costituire il vero nodo propulsivo dell’opera è la forte sensualità che innerva ogni momento di incontro tra il Principe e il Cigno. La sterile relazione, a livello affettivo, tra il Principe e la Regina si contrappone all’abbraccio iniziatico con il Cigno, una iniziazione alla vita, ai sentimenti, alla maturità, cambia anche il danzatore, interpretato da Dominic North, segno della nuova fase del personaggio. Di base, Swan Lake rimane una storia d’amore, o meglio una storia sulla ricerca dell’amore, che, come nell’originale, trova una fine di lutto e non di palingenesi. Il Cigno, che è al contempo minaccioso e seducente, potente e dolce, abbraccia con una stretta pacificatoria, rasserenante che sembra colmare il vuoto lasciato dall’abbraccio materno. Simbolicamente la notte – che è la condizione temporale di base dell’opera – corrisponde alla notte oscura dell’anima del Principe e la visione del Cigno ha una funzione metapoietica, legata alla visione del futuro e al destino ma anche a un’altra faccia del reale. Lo stormo compatto e coordinato dei cigni è più regale e regolare della corte e sembra costituire una dimensione migliore di umanità. Ma ogni universo ha le sue leggi e, la beltà e la purezza dei cigni in tutu, lascia spazio nella coreografia di Bourne a uno stormo che segue l’istinto del senso di protezione della specie, l’istinto che si abbatterà sull’inerme Principe. Bourne trova una nuova coerenza alla irrefrenabile potenza del caso e del male, trasforma l’istante,   lo stesso che passò tra la morte di Romeo e il risveglio di Giulietta, quello che segnò la morte di Odette, in potenza di istinto. Stavolta la vittima è il Principe, ancora una volta dopo aver cercato di trovare la felicità. Teatro Arcimboldi, Milano Swan Lake di M. Bourne 17- 28 novembre 2010 http://www.swanlaketour.com

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